sabato 11 luglio 2009

LoVe


L'amore, un sentimento banale, che tutti cercano ed una volta trovato non sanno mai come aprezzarlo...


L'amore, una forza che puo' farti mutare lo stato d'animo ogni minuto...ti puo' fare precipitare alla velocita' della luce dal parediso all'inferno e viceversa solo con un piccolo gesto, una parola, unoi squardo...


L'amore, maledettamente intenso che ti occupa ogni tuo spazio quando lo hai trovato, ma purtroppo pure quando sei in una perenne ricerca...


L'amore, che io ardentamente desidero sta diventanto il mio incubo...


Ma perche' l'uomo ha bisogno di sentirsi amato, coccolato, perche' l'uomo non puo vivere da solo?


Perche' sento il bisogno di svegliarmi la mattina ed in cambio del mio cuscino vedere il viso della persona che amo?

...fine

Gli occhi smettano di brillare;

occhi spenti, come dei fanali bruciati,

seguono ogni movimento, conoscono la meta, conoscono la fine.

Una fine che lacera, divide,

spezza il Cuore, il tuo, il tuo cuore!


Vaghi nella direzione opposta,

sprofondi nel tuo privato dolore,

bevi il tuo stesso veleno,

sperando tu abbia ancora l'antidoto;

Eppure i tuoi occhi sanno, conoscono la fine.

blu - Nient'altro che blu!


Era una serata un pò diversa dalle altre... Nell'aria sembrava che ci fosse qualcosa di inebriante, anche se un leggero freddo prendeva il sopravvento. Entrai nella camera; per un momento mi assali una sorta di delusione ( forse nata da un'aspettativa alquanto alta che mi ero posto), ma tutto svani alla loro vista: Blu, come il cielo prima che la luna si prendesse tutto il spazio celeste. Il colore del mare( quel mare che oltre ad una bellezza pura, a volte nasconde un pericolo maggiore di quanto qualcuno possa immaginare),li davano un fascino abbagliante. Voglia di nuotare, nient'altro che voglia di nuotare (nonostante io non ne sia capace); fu la sensazione che allora dimorava in me! Ma la domanda non era, e se poi affoghi, ma, come vuoi buttarti? Di testa? Imergerti piano piano, tendo sotto controlo ogni tuo movimento? Non ci pensai troppo, il gusto di poter rischiare era troppo intrigante, o almeno lo era per me. Mi ci buttai... ma ora, riuscirò a nuotare? In quel blu... dei accidenti pantaloni blu...

ATTESA


Tumulto d'angoscia suscitato dall'attesa dell'essere amato in seguito a piccolissimi ritardi (appuntamenti, telefonate, lettere, ritorni).


1. Sto aspettando un arrivo, un ritorno, un segnale promesso. Ciò può essere futile o infinitamente patetico: in Earwartung (attesa), una donna aspetta, nella foresta, di notte il suo amante; io sto aspettando solamente una telefonata, ma è la stessa angoscia. Tutto è solenne: non ho il senso delle proporzioni.


2.Vi è una scenografia nell'attesa: io la organizzo, la manipolo, ritaglio un pezzo di tempo in cui mimerò la perdità dell'oggetto amato e provocherò tutti gli effetti di u piccolo lutto. Tutto questo avviene dunque come in una recita.


La scena rappresenta l'interno di un caffè; abbiamo appuntamento ed io sto aspettando. Nel Prologo, unico attore della commedia (e a ragione), io constato, registro il ritardo dell'altro; questo ritardo è ancora soltanto un'entità matematica, computabile (guardo il mio orologio diverse volte); il Prologo finisce quando, con un colpo di testa, decido di "farmi venire il sangue cattivo", di dare libero sfogo all'angoscia dell'attesa, Qui ha inizio il I atto; esso passa in congetture: e se pe caso non ci fossimo capiti circa l'ora, il posto? Cerco di ricordarmi il momento in cui è stato fissato l'appuntamento, le indicazioni che ci siamo scambiati. Che fare (angoscia di comportamento)? Andare in un altro caffè? Telefonare? Ma se l'altro arriva mentre io non ci sono? Non vedendomi. c'è il rischio che se ne vada, ecc. Il II atto è quello dell'ira; rimprovero violentamente l'assente: <<>>, <> Ah! se lei (lui) fosse qui, potrei rimproverarle(gli) di non essere qui! Nel III atto, raggiungo (ottengo) l'angoscia pura: quella dell'abbandono: in un attimo, io sono passato dall'assenza alla morte; l'altro è come morto: esplosione di lutto: io sono interiormente livido. Questa è la recita; essa può essere abbreviata dall'arrivo dell'altro; se arriva in I, l'accoglienza è calma; se arriva in II, avviene una <>; se arriva in III, vi è la riconoscenza, l'atto di grazia: io respiro nuovamente a pieni polmoni, come Pelléas allorché, uscendo dal sotterraneo, ritrova a vita, il profumo delle rose.(L'angoscia dell'attesa non è continuamente violenta; essa ha i suoi momenti di stanca; io aspetto, e tutto ciò che circonda la mia attesa è irreale: in questo caffè, io guardo gli altri che entrano, chiacchierano, scherzano, leggono tranquillamente: loro, non stanno aspettando).


3. L'attesa è un incantesimo: io ho avuto l'ordine di non muovermi. L'attesa d'una telefonata si va così intessendo di una rete di piccoli divieti, all'infnito, fino alla vergogna: proibisco a me stesso di uscire dalla stanza, di andare al gabinetto, addirittura di telefonare (per non tenere occupato l'apparecchio); per la stessa ragione, io soffro se qualcuno mi telefona; l'idea che di lì a poco dovrò uscire, correndo così il rischio di essere assente al momento dell'eventuale chiamata riconfortante, del ritorno della Madre mi tormenta. Tutti questi diversivi sono dei momenti perduti per l'attesa, l'angoscia dell'attesa esige che io me ne stia seduto in una poltrona con il telefono a portata di mano senza far niente.


4. L'essere che io aspetto non è reale. Come il seno materno per il poppante, <>: l'atro viene là dove io lo sto aspettando, là dove io l'ho già creato. E, se lui non viene, io lo allucino: l'attesa un delirio.Ancora il telefono: ad ogni squillo, sollevo precipitosamente la cornetta, immagino che a chiamarmi sia l'essere amato( dato che mi deve telefonare); ancora uno sforzo, è <> la sua voce, incomincio a dialogare, per poi volgermi con rabbia contro l'importuno che mi ha tratto dal mio delirio. Al caffè, ogni persona che entra, anche se appena vagamente rassomigliante, viene in tal modo, almeno in un primo momento, riconosciuta.E ancora molto tempo dopo che la relazione amorosa si è acquietata, io conservo l'abitudine di allucinare l'essere che ho amato: talora, una telefonata che tarda a venire riesce ancora ad angosciarmi e, in ogni importuno, credo di riconoscere la voce che amavo: io sono un mutilato che continua ad avere male alla gamba amputata.


5. <>. L'altro, invece, non aspetta mai. Talvolta, ho voglia di giocare a quello che non aspetta; cerco allora di tenermi occupato, di arrivare in ritardo; ma a questo gioco io perdo sempre: qualunque cosa io faccia, mi ritrovo sempre sfaccendato, esatto, o per meglio dire in anticipo. La fatale identità dell'innamorato non è altro che: IO SONO QUELLO CHE ASPETTA....
6. Un mandarino era innamorato di una coritigiana.<>. Ma, alla novantanovesima notte, il mandarino si alzò, prese il sgabello sotto il braccio e se n'andò.


(Frammenti di un discorso amoroso - Roland Barthes )


Mi è sembrato di una rappresentazione cosi fedele che merita essere letta...


Love to all of U,


venerdì 10 luglio 2009

quando l'amore toglie la felicità...

"- Lei ha detto che la malinconia è un vizio; mi pare che questo sia esagerato. - Niente affatto, - ribattei, - perché merita di essere chiamato un vizio ciò che danneggia noi stessi e il nostro prossimo. Non basta forse che non sappiamo renderci felici l'un l'altro, dobbiamo anche toglierci a vicenda la gioia che ogni cuore è talvolta in grado di procurare a se stesso? E mi trovi poi uno che sia di cattivo umore, ma sia anche così bravo da nasconderlo e tenerlo tutto per sé senza distruggere la gioia degli altri! Non è forse una disperazione interiore per la nostra indegnità, una insoddisfazione di noi stessi che è sempre legata a un sentimento di invidia esasperato da una stupida vanità? Vediamo intorno a noi della gente felice la cui felicità non dipende da noi e questo ci sembra intolerabile ... - Guai a coloro, - dissi, - che si servono del potere che hanno sopra un cuore, per togliergli le semplici gioie che vi possono germogliare. Tutte i doni, tutti i favori del mondo non potranno ripagarci di un momento di gioia che ci sia stato amareggiato dalla nera invidia di un tiranno." (I dolori del giovane Werther - Wolfgang Goethe )

A volte riusciamo davvero a rovinare i momenti migliori, per puro egoismo, e non ci rendiamo conto del male che provochiamo.